A cura del WolissoProject – Gruppo Scientifico
Alberto, Laura e Chiara
I governi e le autorità sanitarie di tutto il continente, insieme alla comunità globale, stanno agendo sul territorio africano al fine di rallentare e arrestare la diffusione di COVID-19.
Il direttore regionale dell’OMS per l’Africa, il dott. Matshidiso Moeti, ha aperto la COVID-19 Press Conference del 7 maggio scorso avvertendo che, se non venissero adottate le misure di contenimento dell’epidemia, sul miliardo di persone che popolano i 47 Paesi dell’Africa Region, ad un anno il 26% risulterebbe infettato e i morti potrebbero essere più di 190.000.
I casi positivi accertati aggiornati al 19 maggio risultano essere 61.991, l’1,3% sul totale mondiale, con un tasso di letalità del 2,9% e un’età media dei soggetti coinvolti di 39 anni.
Fin dall’inizio dell’epidemia l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha fornito supporto ai governi africani su diversi fronti. Sono state implementate le procedure di diagnosi precoce mettendo a disposizione migliaia di kit di test COVID-19 grazie ai quali ad oggi 44 Paesi possono testare COVID-19 nella popolazione, mentre all’inizio dell’epidemia i Paesi in cui ciò era possibile erano solo due. L’azione del OMS si è poi concentrata nel garantire la formazione degli operatori sanitari e nel rafforzamento delle misure di sorveglianza attiva nelle comunità.
È stata coinvolta una rete di esperti al fine di fornire supporto e coordinamento alle azioni di sorveglianza, nell’utilizzo di strumenti epidemiologici e modelli, oltre che alla diagnostica e alle misure di gestione clinica e trattamento, per identificare e gestire su larga scala la malattia e limitarne la diffusione. La maggior parte dei Paesi africani ha già sviluppato in passato dei piani di risposta strategica per contrastare altre epidemie, tra cui l’influenza H1N1, la SARS, la MERS e l’ebola. Questi piani, nonostante siano risultati inadeguati per la gestione dell’attuale epidemia, avevano evidenziato la necessità di rafforzare la capacità diagnostica, il capitale umano impiegato in sanità e le infrastrutture.
Proprio grazie al lavoro svolto per la preparazione e la risposta alle precedenti epidemie, in Africa era già stata posta una solida base per affrontare la diffusione di COVID-19.
L’OMS ha pubblicato dei report aggiornati settimanalmente per tener conto dell’evolversi della pandemia e su cui programmare i piani di intervento. Le problematiche che si incontrano sono molteplici; vediamo quali sono alcuni degli elementi critici che caratterizzano la situazione africana.
Alcuni fattori sociali potrebbero rendere la pandemia in Africa molto più grave: nei Paesi africani coinvolti in conflitti armati o tensioni socio-politiche, la risposta all’epidemia è molto più difficile. Inoltre, due categorie di popolazione notoriamente più vulnerabili alle infezioni, ovvero i pazienti HIV positivi non in trattamento retrovirale e i bambini malnutriti, sono particolarmente rappresentate in Africa (circa 9,4 milioni di africani HIV positivi sono senza trattamento antiretrovirale e quasi 60 milioni di bambini soffrono di malnutrizione cronica).
Le misure preventive di base da parte di individui e comunità rimangono lo strumento più potente ed efficace per prevenire la diffusione di COVID-19, perciò anche nel continente africano le linee guida adottate includono misure come la quarantena per i soggetti sintomatici o entrati in contatto con pazienti positivi e la preparazione adeguata prima di recarsi nei luoghi di lavoro. Fondamentali sono anche il rispetto della distanza interpersonale e l’igiene delle mani, due misure non così facilmente applicabili in Africa. Circa la metà della popolazione africana vive in aree urbane e di queste la maggior parte abita in sobborghi sovraffollati e con scarse condizioni igieniche (mancanza di acqua corrente e servizi igienici adeguati). In questo contesto, diventa difficile attuare le misure base per evitare il contagio. Ancora, la disinformazione della popolazione è un problema consistente e perciò l’OMS sta supportando le autorità locali al fine di garantire l’informazione pubblica sui rischi di COVID-19 e su quali misure dovrebbero essere prese.
Un altro punto estremamente delicato viene evidenziato dal dott. Matshidiso Moeti, che ha evidenziato la difficoltà nell’ “affrontare i casi nelle aree rurali che spesso non dispongono delle risorse ospedaliere e sanitarie dei centri urbani” in un contesto generale in cui vi è una carenza critica di strutture di trattamento per casi critici di COVID-19 e ha aggiunto che ciò “rappresenterà una sfida immensa per i sistemi sanitari già tesi in Africa”.
Un’analisi, pubblicata il mese scorso dall’OMS, mette in luce una situazione critica riguardo alle risorse disponibili per la lotta contro il COVID-19. È stato calcolato che il numero totale di posti letto nelle unità di terapia intensiva (ICU) disponibili per il trattamento dell’emergenza COVID-19 in 43 Paesi del continente africano sia inferiore a 5000. Questo significa una media di circa 5 posti letto per milione di persone rispetto ai 4000 posti letto per milione di persone disponibili in Europa. Ulteriori dati mostrano che in 41 Paesi che hanno riferito all’OMS, i ventilatori funzionali nei servizi di sanità pubblica sono meno di 2000.
In occasione della Giornata mondiale dell’igiene delle mani (Hand Hygiene Day), l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ricordato che “il lavaggio delle mani è una delle azioni più efficaci che è possibile intraprendere per ridurre la diffusione di agenti patogeni e prevenire le infezioni, incluso il Covid-19”, facendo però notare come in mancanza dei principali strumenti di prevenzione, primo fra tutti l’acqua pulita, vi sia una maggiore esposizione al rischio in alcuni Paesi africani dove la diffusione del COVID-19 potrebbe rappresentare un enorme problema sanitario e sociale.
Le fonti dei dati e delle nozioni dell’articolo fanno riferimento ai siti dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS).